Massimo Livadiotti

Ritorno a Taxila

A cura di Massimo Scaringella
Ritorno a Taxila
Un ciclo di opere che intreccia memoria, spiritualità e riflessione storica, ispirato a un viaggio a Taxila e al simbolismo buddista, dove la testa del Buddha diventa metafora di conoscenza, ascolto e meraviglia umana
25 Gen-29 Feb 2024
Vernissage
Giovedì 25 Gen 2024 18:30-21:30
Kou Gallery
Via della Barchetta, 13 - 00186 Roma
Opere in esposizione
Ashoka, 2024, Tecniche miste su carta, 38x30cm
Buddino, 2017, Tronco di alloro scolpito e dipinto, olio,cartoncino tempere e pastelli, tessuto stampato, 95x65cm
Gautama, 2017, Olio su cartone telato e legno, 26x36cm
Il signore di Taxila, 2024, Tecniche miste su carta, 55x45cm
L'albero della vita, 2017, Tecniche miste su carta intelata, 145x145cm
Mano filosofica, 2017, Tecniche miste su carta, 180x125cm
S.Giorgio, 2023, Tecniche miste su carta intelata, 185x150cm
Socotra, 2023, Tecniche miste su carta intelata, 150x150cm
Testa dell'angelo, 2023, Tecniche miste su carta intelata, 150x150cm
Udayagiri, 2024, Tecniche miste su carta, 55x38cm
Artisti
Massimo Livadiotti
Massimo Livadiotti
Curatori
Massimo Scaringella
Massimo Scaringella

Talvolta avviene che le cose private della vita, piccole o grandi che siano, si intreccino con fatti che hanno  un rilievo più ampio. Talvolta capita addirittura che esse si incrocino con la Storia, o con parti di essa; e che, come si dice comunemente, è la Storia con la esse maiuscola. Mentre quella nella quale la maggior parte di noi passa il proprio tempo è la storia della nostra vita, che tuttavia non è poca cosa. Questi pensieri sono la base per comprendere questo nuovo nucleo di lavori fatti per questa personale da Massimo Livadiotti che va sotto il titolo di “Ritorno a Taxila”.

Lavori ispirati ai ricordi di un viaggio, fatto molti anni fà, alla città di Taxila in Pakistan dove scoprì le bellezze dell’arte indogreca e Buddista. Ma anche che, secondo la tradizione, Taxila significa “ la testa mozzata” e segnava il luogo di una storia nella vita di Buddha “in cui egli diede la sua testa a un uomo”. Nell’iconografia buddista è frequente rappresentare la testa di un Buddha senza un corpo, il che, se da un lato sembra qualcosa di incompleto, dall’altro è un simbolo ricco di significato. Di solito nelle statue la testa di Buddha è prominente, per simboleggiare il distacco tra corpo e mente. E di questa “testa” egli ci fornisce gli elementi pittorici di una natura del “Buddha” che ne rappresenta l’essenza della sua religiosità, sempre nell’atto della meditazione. Dove nella parte alta è simboleggiata la comprensione più elevata, i lobi allungati la sua capacità di ascolto del mondo ad un livello superiore, e

il debole sorriso ne simboleggia la natura tranquilla e aristocratica.

Si tratta, in questo corpus di opere, di una riflessione sui temi della memoria e della spiritualità, elementi che presiedono alla formazione della Storia e, più in generale, all’evoluzione della civiltà. Una considerazione sempre presente nel lavoro di Massimo Livadiotti poichè tutta la sua opera concorre a formare un unico quadro, e che ogni quadro, a ben guardare, contiene tutti gli altri. Questo, in buona sostanza, perché sappiamo che ogni lavoro e' illusorio, spesso enigmatico, anche laddove riproduce, in modo estremamente realistico, frammenti di ambienti naturali o richiama simboli della storia.

E dunque, se l’artista con il suo lavoro, affronterà con procedimenti dissacralizzanti o artificiali il superamento del doppio gioco della realtà o della fantasia, tutto questo si rifletterà meglio sull’interesse crescente e contemplativo o addirittura partecipativo dell’osservatore.  Con  un significato e un contenuto che sono una sfida alla sua spontaneità creativa. Ed egli è dunque cosciente che la meraviglia del pensiero umano è uno dei principi della conoscenza e che se smettiamo di meravigliarci corriamo il rischio di non conoscere.

Massimo Scaringella