Caterina Vitellozzi, Luca Theodoli, Luciana Do Santos

Hunica #5

A cura di Pamela Fiacconi, Fabio Sindici
Hunica #5
Un testo che riflette sulla centralità della materia nell’arte, dalla storia classica alle esperienze contemporanee, fino alle opere di tre artisti che esplorano la materia come linguaggio, gioco e memoria collettiva
30 Mar-16 Giu 2023
Vernissage
Giovedì 30 Mar 2023 18:00-20:30
H.Unica
Viale Liegi, 54 - 00198 Roma
Opere in esposizione
Big Bang Ignis XV, 2020, Pasta vitrea, vetro oro e malta su aerolam, 50x50x20cm
Casinhas #1, 2021, Acrilico su cartone, 18x24cm
Casinhas #2, 2021, Acrilico su cartone, 18x24cm
Casinhas #3, 2021, Acrilico su cartone, 18x24cm
Controluce, 2021, Olio su tela, 20x30cm
Cosmic Noise, 2021, Tessere d'alluminio e colla su tela, 100x100cm
Dreaming, 2018, Tessere d'alluminio e colla su tela, 100x100cm
Golden Grace, 2021, Tessere d'alluminio e colla su tela, 100x100cm
Kontakt, 2009, Pasta vitrea, vetro, oro, marmi e travertino, 130x50x3cm - Base in travertino 30x70x4 cm
La stanza andalusa, 2021, Olio su tela, 30x30cm
Loca, 2014, Tessere d'alluminio e colla su tela, 100x100cm
Rip Through Reality 4 Blue, 2023, Pasta vitrea, vetro, oro, conchiglia, bambù e malta su tavola di legno, 33x95x3cm
Rip Through Reality I Green, 2023, Pasta vitrea, vetro, oro, marmo di Carrara, bambù e malta su tavola di legno, 33x95x3cm
Rip Through Reality II Gold, 2023, Pasta vitrea, vetro, oro, marmo di Carrara, bambù e malta su tavola di legno, 33x95x3cm
Rip Through Reality III Red, 2023, Pasta vitrea, vetro, oro, Corallo, bambù e malta su tavola di legno, 33x95x3cm
Soleluna I e II, 2023, Pasta vitrea, vetro e oro su aerolam, 70x2cm
Summer Activators (9 Pezzi), 2022, Pasta vitrea, vetro e oro su aerolam, diametro 10x2cm
Tempesta in Siviglia, 2021, Olio su tela, 24x30cm
Venus, 2022, Pasta vitrea e oro su aerolam, diametro 28x2cm
War, 2012, Tessere d'alluminio e colla su tela, 100x100cm
Artisti
Caterina Vitellozzi
Caterina Vitellozzi
Luca Theodoli
Luca Theodoli
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Luciana Do Santos
Curatori
Pamela Fiacconi
Pamela Fiacconi
Fabio Sindici
Fabio Sindici

La materia conta. Nella storia dell’arte si è spesso trasformata da superficie, bozzolo e medium a vera ossessione. Basti pensare al rapporto di Michelangelo Buonarroti per il marmo, una battaglia titanica ed erotica insieme; oppure, cinque secoli più tardi, alla predilezione del land artist inglese Richard Long per il fango lasciato dalle maree del fiume Avon nel porto di Bristol, dove è nato, una sorta di fluido cordone ombelicale reimpiegato in una frenesia neo-espressionista astratta. Entrambi gli artisti hanno usato altre tecniche, l’affresco per Michelangelo, i cerchi di pietra per Long, solo per citare gli esempi più noti. Ma il sentimento, pur nei capolavori che sono venuti, si percepisce diverso.

Per alcuni artisti, la materia è prima. Gli oggetti raccolti da Robert Rauschenberg a New York hanno il sentore delle strade della metropoli. Il celotex alla fiamma di Alberto Burri ha un odore “concettuale” (e i sacchi, naturalmente, e i cretti). I fili tessuti di Maria Lai trascinano millenni di lavoro femminile. I sassi raccolti e tagliati come forme di pane dall’ucraina Zhanna Kadyrova durante la fuga da Kyiv nella prima fase dell’invasione russa passano da esperienza vissuta a messaggio universale (chiuso nella bottiglia dell’arte), così come i suoi vestiti di piastrelle mimetizzati su pareti di uguali piastrelle paiono evocare, dalla materia, ombre e orme umane. A volte, la materia è traslata in maniera quasi atroce, si può ricordare il quarto di bue scuoiato, sanguinante e marcescente, tenuto nel suo piccolo studio per giorni dall’artista Chaim Soutine. Ne dipinse quattro versioni. I vicini chiamarono la polizia per il cattivo odore, si racconta.

A volte però, l’ossessione è ludica, come succede alle materie plasmate in opere d’arte da Luciana Dos Santos Pretta, Caterina Vitellozzi e Luca Theodoli che espongono fianco a fianco, o meglio, stanza a stanza, negli spazi di Hunica, a Roma. Luciana Dos Santos è nata e ha passato l’infanzia in un Brasile lontano dal mare e vicino al deserto. Metafisico, come tutti i deserti. Che però, durante la stagione delle piogge si trasforma in una prateria. Così i suoi oggetti recuperati e intrisi di colori forti e cantanti paiono voler segnare e rigenerare il vuoto in ritmi di pigmenti e recuperare i giochi d’infanzia quando ogni oggetto si trasforma in un giocattolo: scatole di cartone, confezioni per uova o tele materiche come lenzuoli o mantelli cangianti che aprono lo sguardo a geografie dell’emozione. Le sue opere hanno un tocco teatrale - le grandi tele ruvide come sipari interiori - e intimo insieme – le scatole aperte e vibranti di colore come un ricordo svelato. Caterina Vitellozzi, romana con fughe a Londra e in Cina, è una rarità: una delle poche donne a lavorare il mosaico. E lo fa in maniera insolita. Rendendo visibile la materia, anziché nasconderla nel disegno (come accade nei micromosaici, per esempio). Di più: la rende organica, inserendo nelle grosse tessere sbozzate, canne di bambù e rami di alberi. Come a far respirare la pietra dei pannelli. I suoi vulcani sembrano voler eruttare colore. I suoi tasselli di mosaico fanno pensare a pelli di animali estinti e fantastici. La materia invece diventa un caleidoscopio minuzioso nei ritratti e nelle scritte composte con lattine di metallo dal romano Luca Thedoli. Il rifiuto urbano diventa il ritratto iconico della diva, la musa di Hitchcock e principessa di Monaco, Grace Kelly. Si fa linguaggio e pensiero nella scritta dove si rimescolano ironia e protesta come in uno dei migliori slogan delle prime proteste sessantottine. Diventa anche flusso e riflusso, dai cestini, dai sorsi distratti, dai vuoti buttati all’opera ritornata. Come l’eco di un mare. Non a caso, erano di fronte al mare nella caverna di Blombos, nell’attuale Sudafrica, i primi artisti di cui si ha traccia. Sulle sponde del mare hanno preso conchiglie per fare gioielli, con l’ocra rossa del terreno hanno tracciato linee (il segno del tris, l’hashtag, vecchio di centomila anni) sulle pareti delle caverne, sui loro corpi. Hanno trovato la materia, ne è uscita arte. Un linguaggio. Nella loro lingua defunta e irrintracciabile forse hanno esclamato come il greco Archimede ere più tardi: “Eureka!”. Ho trovato.

Fabio Sindici

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