Speco

Mario Nalli

Speco

15 Dic 2016 - 17 Feb 2017

Vernissage
Giovedì 15 Dic 2016 | 17:00-23:00


Scheda artista
Mario Nalli

Opere

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Giovedì 15 dicembre si inaugura a Spazio Menexa la mostra di Mario Nalli “Speco”, è la rappresentazione degli antri rupestri secondo la tecnica pittorica dell’artista, che propone la scoperta degli spazi nascosti e intimi che vengono celati all'interno dell’io più recondito. Le sue tele monocromatiche dipinte ad olio descrivono gli spazi chiusi e solitari della natura interpretati come morbidi panni che disorientano.

Gianni Garrera firma il testo critico, e ci dice che “Mario Nalli ottiene l’equivalenza assoluta tra le pieghe di una roccia e quelle di un broccato, tra i ghirigori di un calcare e di un panno. Se la prima suggestione di Nalli è un riferimento alle pareti della caverna platonica, in cui dovrebbero riflettersi le immagini (cioè le ombre) delle idee, in questa parete di caverna non si riflette alcuna idea, ma le immagini o le idee sono le pieghe e i frastagli della roccia stessa, che non funge da schermo, ma è in se stessa un gioiello.”

L’artista ripercorre la propria strada e per completare l'esplorazione deve inoltrarsi nella propria grotta ed andare in profondità; ci svela la parte nascosta, taciuta, ma capiamo che è necessario l'uso delle forza interiore per arrivarci, è un viaggio mentale che bisogna percorrere in solitudine e che porta in fondo alla caverna dove riposa l’anima autentica e primordiale che ci avviluppa in un effimera e lieve danza di drappi.

Mario Nalli è il settimo artista che interviene nel ciclo di mostre Salto_nel_buio di Spazio Menexa indagando “gli spazi più nascosti e misteriosi dell’Io” ed attingendo al movimento drammatico delle emozioni, trasporta l’osservatore nel suo armonioso, soave e mutevole mondo, e ci rivela l’apertura di uno spazio che nessuna parola può evidenziare o comprendere; una dimensione dove lo spazio sfocato è l’immagine della forza che ritroviamo in ognuno di noi.

La mostra proseguirà fino al 17 febbraio 2017.


NELL’ANTRO DELLA PITTURA

Come scriveva Deleuze, se la bellezza è fatta di pieghe, allora ha ragione il Barocco a produrre di continuo pieghe, a curvare e ricurvare le pieghe, a infittirle e portarle all’infinito, piega su piega e piega nella piega. Quando la giustificazione ornamentale del mondo è emulazione reciproca tra atteggiamenti della materia, una roccia equivale a un tessuto, e le due cose hanno il medesimo destino estetico e sanno subire le medesime vicissitudini o vessazioni ornamentali. Mario Nalli ottiene l’equivalenza assoluta tra le pieghe di una roccia e quelle di un broccato, tra i ghirigori di un calcare e di un panno. Se la prima suggestione di Nalli è un riferimento alle pareti della caverna platonica, in cui dovrebbero riflettersi le immagini (cioè le ombre) delle idee, in questa parete di caverna non si riflette alcuna idea, ma le immagini o le idee sono le pieghe e i frastagli della roccia stessa, che non funge da schermo, ma è in se stessa un gioiello. Il viluppo esercita la propria prospettiva, l’inflessione trova in ciò la propria ragion d’essere. La piegatura è una potenza genetica di ornamentazione. L’antro non ha finestre, perciò è una monade, non proviene dalla Vergine delle rocce leonardesca, che è piena di aperture, ma ha raggrinzimenti e ritorti al proprio interno, tutt’al più distensioni, come espressione di zone più chiare e rilassate. Sussiste l’arzigogolo delle torsioni dell’interiorità della materia pittorica rivolta ai propri margini, nella direzione opposta all’aperto e al panorama, in una serie continua di corrugamenti. La chiusura dell’antro è chiusura al mondo e assenza di mondo. L’antro è unilaterale, ottuso, perciò primigenio, mostra una sola faccia. La parete è una membrana docile e aderente, bordata; la sua facciata è estesa a tutto il dipinto. Non è vero, come scriveva Galilei (Saggiatore, VI, 234), che la Natura non si diletti di appendici poetiche. La materia aspira continuamente a se stessa o a un supplemento di se stessa. La pittura prescinde dall’incidenza e dall’immanenza della realtà.  Anche se le pieghe non perdono la loro naturalità, ogni realtà è estetica in quanto compiaciuta di sé e delle pieghe che può assumere, dato che le cose naturali sono investite spontaneamente delle proprie increspature. Nel dipinto tutto è fatto di una medesima materia estetica, per il primato della parvenza. La cosa dipinta partecipa esclusivamente del colore che la dipinge, pertanto assume una veste cromatica, cioè una materia non materica, ma pitturale, così come nei sogni vi è una carne non carnea ma onirica. Nella pittura tutto è pitturale. Nalli persegue una concezione di imitazione che non significa mai una duplicazione o replica della realtà. La rappresentazione è configurata secondo una sua oggettiva modalità fisica rispetto alla quale la pittura può elaborare differenti realizzazioni che, in quanto concrete, sono fisicamente alternative al mondo sul piano dell’autentica costituzione fisica delle cose naturali. Non sono pareti che rinviano a uno spazio reale, ma corpi esclusivamente pitturali. Se le cose reali sono apprese secondo un simile principio perdono naturalezza immediata e divengono appendici liriche.

La Pittura precede la Natura. Nalli rovescia il rapporto tra apparenza e realtà. L’immagine dipinta precede genealogicamente l’effettiva cosa naturale, perché se le cose sono fatte a immagine e somiglianza (Genesi 1,26), l’immagine è precedente l’essere delle singole cose.

Questa pittura non è arte illusionistica che si confronta con le cose per darne illusione. Pertanto questo tipo di rispecchiamento estetico non pratica l’imitazione formale dell’apparenza sensibile del corporeo, ma quella paradigmatica.

Vi è una finzione mimetica che però mimetica non è. Al massimo dell’equivoco del lavorio mimetico, la pittura di Nalli annichilisce il rapporto con il resto del mondo.

La pittura coincide con la materie innata. Ciò che sorge in Natura si produce come imitazione di un principio estetico pre-naturale. L’identificazione della rappresentazione artistica con la materia ideale arriva al punto che la materia rocciosa è quella che si tradurrà materialmente in una pietra ed equivocamente in un drappo o in una tela.

La forma artistica preesiste alla cosa prima che essa si configuri in una materia, prescinde dall’individuazione della materia che la realizzerà, pertanto all’origine c’è solo materia pittorica, cioè estetica. La figurazione è superiore e aliena alla materia concreta. Ogni dipinto si riferisce alle cose naturali precedenti la loro partecipazione al mondo sensibile.  In questo senso Nalli è platonico e con le sue caverne omaggia ogni platonismo. Non è l’arte che imita la Natura, ma viceversa. In questo senso il mondo intero è sottomesso alla pittura.

Gianni Garrera

Evento 903 aggiornato il 17 Novembre 2020 - 17:08