Lo sguardo sui costanti cambiamenti sociali che la crisi economica, dal suo esplodere, ha progressivamente portato, impone di porre l’attenzione sull’evidente diversa reazione dei vari cittadini del mondo.
Le notizie quotidiane sul movimento spagnolo degli indignados, su Occupy Wall Street e le manifestazioni in Grecia, lasciano aperto un interrogativo sull’atteggiamento italiano in un momento particolarmente delicato della storia.
Le immagini delle proteste studentesche sono già lontane e le lotte dei lavoratori appaiono questioni private di gruppi più o meno numerosi. Strano fenomeno di “isolazionismo” sociale, se non fosse per la tristemente nota mancanza di senso civico. Ma, in un contesto generalizzato di deprivazione e diffuso malcontento, la domanda rimane: perché le piazze non si riempiono? Basta la perdita del senso di res publica a spiegare tutto?
Lungi dal poter e voler affrontare in tale sede un’analisi della storia sociale dell’Italia - la cui genesi, forse, in parte potrebbe anche fare luce sulla questione - ci limitiamo all’osservazione dell’oggi. In questo senso, l’occhio di Sandro Mele appare come lente d’ingrandimento che rivela un nuovo fronte di riflessione intorno ai contemporanei fenomeni di opposizione nel nostro Paese.
Nel suo percorso di ricerca, con un forte approccio politico, l’artista concentra la sua attenzione sulle lotte di rivendicazione dei diritti, dagli studenti ai lavoratori, dalle fabbriche autogestite in Argentina alle lotte italiane, senza trascurare di guardare al popolo di invisibili (Working poors, 2011), i lavoratori trasparenti e muti, nuovi indigenti perlopiù nascosti dietro la propria vergogna. Il duplice approccio dell’artista - rispondente ad una chiara capacità di lettura e traduzione dell’oggi - converge nell’opera Dolce risveglio in cui sono sintetizzati i due aspetti: lotta e rassegnazione.
La lettura incrociata del lavoro dell’artista e della società italiana lascia emergere un diffuso senso di resistenza connotata dai toni della sopportazione. E questa resistenza/sopportazione viene raccolta e traslata da Mele che ne vede un’evoluzione in esasperazione, sino ad arrivare alla prefigurazione di un “uomo qualunque”, dallo sguardo dolcemente triste, costretto - suo malgrado - a vestire i panni prima indossati dal duro incappucciato di Fratelli d’Italia (2011), che fa salire alla mente la rabbia incontrollata dei black bloc. Un’immagine ruvida ed asciutta, nella sua formalizzazione estetica, che trasforma velocemente la resistenza in rivoluzione, sottendendo un coinvolgimento popolare e, dunque, assai più largo di quanto mai sia stato scritto pur nelle pagine più nere della nostra storia.
Federica la Paglia