Sexodus

Simone Bertugno

Sexodus

17 Mag 2016 - 10 Giu 2016

Vernissage
Martedì 17 Mag 2016 | 17:00-23:00


Testi critici
Paolo Aita

Scheda artista
Simone Bertugno

Opere

Press Kit

Sono sempre valide le distinzioni, per meglio comprendere in arte. Secondo tale modo di procedere (che ha numerosi esempi illustri, come Contini che differenziava totalmente Dante da Petrarca, o Worringer che sezionava l’astrazione e l’empatia nell’arte), ci sono artisti lineari o multiversi. Simone Bertugno appartiene irrimediabilmente al secondo tipo. Di fronte le sue opere occorre essere sempre ben disposti nei confronti della meraviglia, di un proliferare maiuscolo e indomabile, di un eccesso che, per essere maggiormente efficace, si dispone su modelli provenienti anche da un’antichità curiosa e vorace.

Le immagini di Venere sono estremamente varie nell’antichità. Da Cipride a Callipigia, tutte le versioni hanno unito il sesso alla bellezza, alla moltiplicazione gioiosa dell’espansione. Venere, nelle parole di Lucrezio, “è l’unico elemento che, quanto più ne possiedi,/ più il petto ne arde di cupidigia infinita”: le parole del poeta testimoniano di un piacere che solo tanto tempo dopo è stato castigato, infatti ardore, legato al corpo, e ardimento, relativo alla conoscenza, hanno la medesima origine.

Quest’ultima opera di Simone Bertugno testimonia un passaggio: da un proliferare regolato e consequenziale, a un allargamento dei campi desideranti (direbbero Deleuze e Guattari); questo l’erotismo profondo di questa ricerca, che attraverso le combinazioni dei corpi cerca le leggi di attrazione degli elementi. Nelle opere precedenti si poteva assistere a una germinazione ordinata e consequenziale, ora invece c’è una proliferazione incontrollabile. Le associazioni avvengono su piani regolati più dal capriccio e dalle possibilità, che dalle leggi di natura. Essa, comunque, nel suo procedere evolutivo, con gli anfibi, non ha tralasciato l’intervallo tra animali terrestri e pesci, e con le varie specie ugualmente ha coperto lo spazio che va dal terrestre al volatile, e poi da animale a vegetale, a minerale. C’è tutto un incrociarsi, un mescolarsi, un corrompersi, tale che la legge dell’incrocio e dell’incontro sembra essere una costante, suprema come la sopravvivenza stessa. E’ come se la natura volesse sperimentare se stessa, e, realizzando incroci inediti, generasse, attraverso nuove esperienze e commistioni, nuove creature.

Le creature viaggiano eroticamente. Dal Ratto delle Sabine al complesso di Edipo, da sempre si sa che la sopravvivenza è legata al dialogo tra mondi differenti, poiché si può amare solo il diverso, e più lo si cerca lontano, più cresce la sapienza e il godimento. A questa legge non si può sottrarre neanche l’arte. Con Henry Miller: “Le creature umane formano una strana fauna, una strana flora. Da lontano paiono trascurabili, da vicino possono sembrare brutte e cattive. Ma soprattutto occorre che abbiano intorno aria, spazio sufficiente -spazio, anche più che tempo”. Nelle parole dello scrittore fauna e flora, spazio e tempo si mescolano. In questa mostra di Simone Bertugno siamo passati da una produttività plausibile a uno spazio leibniziano, dalla retta al cerchio, con una demoltiplicazione di possibilità che sorprende quanto (quando) genera. Lo sperimentare per Simone Bertugno è comunque erotico, e copre anche lo spazio che va tra il curiosum (il fenomeno raro, il prodigio) e l’amore per le infinite ramificazioni e diramazioni della fantasia, che in natura tranquillamente e regolarmente diventa conoscenza: non c’è attrazione maggiore di quella che unisce desiderio e sapienza.

Paolo Aita

Evento 795 aggiornato il 17 Novembre 2020 - 17:17