Non molti sanno che le perle non sono il prodotto di un processo fisiologico ma di un evento patologico che interessa l'ostrica quando in essa si introduce un granello di sabbia o un parassita. Se questo accade, le cellule della madreperla, per proteggere il corpo indifeso del mollusco, ricoprono l'intruso con strati multipli di materia perlacea; lo incapsulano, quindi, generando una perla che appare come l'esito di un processo di isolamento dell'agente esterno e di levigata cicatrizzazione della "ferita" prodotta da esso.
Risulta chiaro pertanto che la perla mai vedrebbe la luce in una condizione di ermetica impermeabilità della conchiglia rispetto agli agenti esterni, rispetto agli "intrusi". Detto altrimenti: la sua vulnerabilità è la precondizione necessaria e indispensabile per la genesi della perla stessa. La traduzione metaforica di questo fenomeno è di abbagliante evidenza: la fragilità, a determinate condizioni, è alla base del prodursi di fenomeni di straordinaria importanza per la vita dei singoli e delle collettività. Essa non solo non va considerata unicamente un vincolo ma ha a che vedere con il dipanarsi della storia di ciascuno di noi. E' la matrice stessa dei nostri successi personali e collettivi. Lo è, particolarmente, in arte.
Non per caso Karl Jaspers, profondo conoscitore dei rapporti tra fragilità psichica e creatività umana, era solito dire: "Lo spirito creativo dell'artista (...) può essere rappresentato come la perla che nasce dalla malattia della conchiglia". Una folgorante intuizione che mette a tacere tutti i teorici dell'indefinibilità assoluta dell'origine dell' arte, riconoscendo nella fragilità il motore primo di ogni evento umano significativo. Del resto già Aristotele aveva riconosciuto nella fragilità, di cui il suo thauma è compiuta espressione, l'origine della filosofia.
Questo, spericolatamente condensato, è il nucleo delle riflessioni che mi appassionano da molti anni e che mi ha condotto all'idea della mostra che oggi presentiamo in questa galleria. Oggi Kou, metaforicamente, assume le sembianze di una conchiglia che - per una volta - ospita ben sette perle: le coppie di lavori presentate da ciascuno degli artisti che ho deciso di coinvolgere e che ringrazio. Ciascuno di essi ha realizzato appositamente un'opera poeticamente ispirata al tema della conchiglia e della perla e ha selezionato una seconda opera che ha a che vedere con l'idea di fragilità, di instabilità, di precarietà.
Non c'era nel progetto originario di questa mostra alcuna intenzione di dare rappresentazione figurativa, di "riprodurre", per così dire, gli elementi individuati nel suo titolo. Anche se non si può negare il fascino che da essi promana. La conchiglia, il mare, la perla, i riferimenti impliciti alla bellezza femminile che le perle incorniciano: un repertorio neoromantico che intrattiene un indubbio richiamo estetico-sentimentale. Ma non è questo che si intende valorizzare. E', piuttosto, la volontà di continuare a indagare con la pittura una materia finora esplorata con il ragionamento. Una pittura che non rappresenta la realtà ma la penetra e la conosce dal di dentro: ne porta allo scoperto l'essenza, come l'arte migliore sa fare.
E' a questo angolo visuale che si sono ispirati i criteri utilizzati nella scelta degli artisti che partecipano a questa mostra. Ciascuno, a suo modo, interessato a proporre un proprio punto di vista sul mondo e non solo sulla pittura. Questi "Magnifici sette" sono: Arcangelo, Giancarla Frare, Alessandra Giovannoni, Pierluigi Isola, Claudio Palmieri, Salvatore Pulvirenti, Vincenzo Scolamiero. Autori nel pieno della propria maturità, con lunghe e diversamente prestigiose storie alle spalle, che condividono una comune sensibilità per il tema della fragilità.
Arcangelo che mi è capitato ultimamente di definire "pittore ulissico" per la sua irriducibile (magnifica) capacità non solo di scoprire ma di inventare mondi visionari e di proporli con sfrontata e seducente efficacia.
Giancarla Frare, artista di multiforme capacità espressiva, le cui ombre parlano di una capacità rara di interloquire con la dimensione spazio/tempo e che, in questa circostanza, più di altre, si è "aperta al colore".
Alessandra Giovannoni, invece, maestra di una figurazione rapida, vibrante e antigraziosa piena di luce e di amore per i luoghi (Roma in particolare) e per chi li abita. Vigile e generosa interprete delle trepidazioni umane.
Pierluigi Isola, poderoso artefice di una figurazione colta che falsifica tutti i frettolosi e interessati detrattori del mestiere del pittore. Con raffinatezza tutta italiana lui, magistralmente, "procede a prescindere".
Claudio Palmieri, esploratore indomito di tutte le tecniche, i materiali e i linguaggi dell'arte. Poliglotta e sperimentatore inesauribile. Capace di inventare "tutto" e di mantenersi classico "sempre".
Salvatore Pulvirenti, la sua è una visione "altra", debitrice di una cultura orientale avversa a tutto ciò che è inutile; interessata alla ricerca di un'innocenza primordiale, carica di poesia e di senso.
Vincenzo Scolamiero, gentile ed eroico nella ricerca di un equilibrio fra caos e cosmos. Nella sua pittura, aperta alla musica e alla poesia, l' "inchiesta" sulle piccole e le grandi cose della vita dischiude scenari sorprendenti.
Roberto Gramiccia