“Dear Santa, is it too late to be good?” è un’opera che nasce da una riflessione profonda e, al tempo stesso, invita lo spettatore a interrogarsi sulla complessa situazione politica e sociale in Medio Oriente. Con un titolo che mescola leggerezza e provocazione, l’opera pone una domanda tanto semplice quanto universale: è mai troppo tardi per cambiare le proprie azioni e per abbracciare il bene?
La scelta di inaugurare l’installazione durante il periodo natalizio, in concomitanza con l’avvicinarsi dell’Anno Santo, non è casuale. Questo momento dell’anno, tradizionalmente legato alla pace, alla speranza e alla rinascita spirituale, diventa parte integrante del messaggio dell’opera. In questo contesto, la festività del Natale, simbolo universale di amore e redenzione, si trasforma in un’occasione per guardarsi dentro, per interrogarsi sul proprio ruolo in un mondo segnato da conflitti e disuguaglianze.
L’installazione si rifà all’immagine iconica del Presepe, familiare nell’immaginario collettivo, con la tradizionale capanna che accolse Maria e Giuseppe in attesa della nascita di Gesù Bambino. Tuttavia, questa capanna si trasforma agli occhi dello spettatore, richiamando una realtà tristemente attuale: una tenda per rifugiati. Un rifugio precario, destinato a offrire conforto e protezione, ma anche a rappresentare una condizione di estrema fragilità.
In questa sovrapposizione simbolica tra il passato e il presente, emerge un legame indissolubile: la terra di Palestina, teatro di eventi storici e spirituali, oggi scenario di conflitti e divisioni. L’opera solleva una domanda provocatoria: come sarebbe, oggi, la nascita di Gesù? Alla luce degli eventi attuali, quella nascita potrebbe coincidere tragicamente con la sua stessa morte, segno di un mondo in cui la vita, in molte parti del pianeta, è costantemente minacciata.
“Dear Santa, is it too late to be good?” diventa così un monito. Invita a riflettere sul valore universale della vita, sul potere che gli esseri umani esercitano su di essa e sull’assurdità di un mondo in cui alcune esistenze sono considerate meno preziose di altre. È un’opera che non offre risposte, ma pone domande urgenti, spingendo lo spettatore a interrogarsi sulle proprie scelte, sui propri valori e sull’impegno necessario per costruire un futuro di pace e giustizia.