L'uomo non è più quello con cui si alternano giorno e notte o si misurano prossimità e distanza. Ora si trova come una cosa tra le cose, infinitamente sola. Tutto ciò che avvicina persone e cose si è ritirato in una profondità comune dalla quale si nutrono le radici di tutto ciò che cresce.
Rainer Maria Rilke
Una serie di opere di recente produzione di Micaela Legnaioli sotto il titolo “Presenze” propongono un cammino che la portano ad operare nello spazio che c’è tra l’arte e la vita. L’artista si muove in un ambito in cui la povertà della materia usata si evolve in una raffinata ricchezza dell’espressione emotiva ma chiara nei labirinti della memoria. Un tentativo di descrivere un’immagine viva e reale di persone, i cui profili interpretano le possibili situazioni interiori degli individui stessi. Nell’intenzione dell’artista le lastre di metallo ossidate con acidi e sale e scolpite vogliono dare l’idea del possibile stato spirituale depositato in ciascuno di noi a causa delle vicende della vita quotidiana, ed in particolare delle ultime vicende che la gente ha dovuto subire a causa della recente pandemia.
L’individuo consolida le acquisizioni principali che ognuno di noi sperimenta nella vita, ogni opera è un simbolo racchiuso nel profilo che è l’immagine che di noi stessi conosciamo meno, eppure che ci rappresenta in maniera inequivocabile. Dice l’artista «Un volto di profilo è un segno forte, essenziale, riconoscibile ed è l’unico che si può disegnare con un unico tratto continuo. Queste opere dicono che, ad onta della enormi differenze che ci separano l’uno dall’altro, c’è una radice comune in queste vite. E la radice comune è l’arte stessa che riporta ordine, armonia, equilibrio in ciò che può sembrare il massimo del disordine e del caos ossia la vita al di fuori dell’essere».
Lo stile incisorio indefinito delle lastre esalta la funzione di presenza, di umanità, anche se non definita. Ma anche non più suscettibile di cambiamento registrando chi siamo in un istante determinato del “tempo”.
La tecnica usata dall’artista, detta circumductio umbrae, lega indissolubilmente l’opera all’idea di riproduzione del reale ed il ritratto si pone come funzione di ricreare la presenza fisica umana. Questi profili si ricollegano direttamente ad uno dei miti più antichi sulla nascita della pittura, in cui Plinio il Vecchio rintraccia le origini dell’arte in quel lontano giorno in cui la figlia di un vasaio di Corinto, per serbare nella memoria la figura del suo amato ne avrebbe ricalcato sul muro la sagoma dell’ombra proiettata dalla luce. Lo spazio circostante, invece, rappresenta la spiritualità della persona che interagisce con il resto del mondo. Nell’osservare questi lavori nel loro insieme, prende forma un senso di umanità e di un sentimento intenso e sofferto in cui il silenzio rimandato dalle “Presenze” ci richiama alla nostra memoria e ai nostri pensieri.
Massimo Scaringella