Chi ha avuto un forte trauma personale e chi ha subito una catastrofe hanno un senso del tempo completamente differente rispetto la norma. Per loro il tempo si snoda in due direzioni opposte: dietro l’evento e dopo l’evento. Ciò determina delle conseguenze decisive. Prima c’è il sogno, la gioia; dopo si vive in una condizione di attesa della ripetizione dell’evento, così il tempo residuo sembra indebitamente conquistato, rubato, grattato attimo per attimo al tempo dopo, al tempo futuro. E’ un tempo di scampati, che si chiedono per quale merito misterioso siano stati graziati, mentre parenti e amici gli sono stati sottratti. Per chi rimane qualsiasi quantità di tempo diventa prezioso, così, nella ripresa del paradosso di Zenone, con una conta millimetrica prima della prossima volta, si vive un tempo omeopatico, sottratto e distillato attimo per attimo all’evento che è stato, in questo caso il terremoto dell’Aquila, ma potrebbe ripetersi.
Questo è l’atteggiamento di Andrea Panarelli che dipinge febbrilmente il viso del figlio ventinove volte. Questo tempo è troppo breve affinché si possano registrare delle variazioni, finanche nel mutevole viso di un adolescente. Quindi questi volti mostrano più veracemente un altro volto, quello del padre, che attraverso queste variazioni su un tema si specchia nel volto del figlio, e ci fa apprendere molto su di lui. Questi ritratti non sono l’album di un volto, ma sono il diario della mano che li ha realizzati, e attraverso questo meraviglioso sismografo dell’anima, le variazioni nel rapporto padre/figlio, trova il modo appuntare delle note sempre differenti nel quaderno dell’affetto, e di augurare un futuro senza parcellizzazioni traumatiche, una vita senza catastrofi.
Siamo di un tempo fragile. I ritratti di Andrea Panarelli ci parlano di differenze troppo veloci perché possano essere (an)notate, allora ci parlano della contesa dell’attimo e dell’eterno, la contesa dei Futuristi, di Rembrandt che ritrae la sua compagna Saskia, di Monet che compete con i riflessi. Ci parla di noi, che possiamo essere scorti solo in una visione fuggitiva dall’occhio dell’eternità, e che siamo visibili solo mentre tremiamo di apparenze. Volatili come l’Aquila.