Sondare il significato di resistenza nella società contemporanea impone di guardare anche al di là dell’immediatezza dei fenomeni di opposizione. La persistenza sembra essere l’altra chiave di lettura, elemento fondamentale del gioco sociale in cui le parti si ritrovano ad agire esprimendo questa naturale propensione, precedente alla rivendicazione.
La resistenza, letta nell’ottica della perseveranza nell’azione e nell’intento, si attaglia a quell’istinto di sopravvivenza che rifiuta l’arrendevolezza ed anticipa la lotta.
In questo senso l’opera “It’s just a game” di María Rosa Jijón - tratta dall’omonima serie - mette a fuoco all’unisono due contrapposte forme di resistenza, la prima segnata proprio dalla persistenza e l’inevitabilità, la seconda dal carattere dell’opposizione.
Come in una giostra senza fine, si rincorrono il continuo flusso migratorio e i tentativi di blocco da parte dei paesi attraversati. Come segni “ugualmente resistenti” di un magnete, si respingono mettendo in atto una schermaglia che l’artista priva dell’aspetto umano, per ricondurla tragicamente ad un enorme gioco di ruolo. Nella sua visione trovano spazio una serie di elementi in cui il ludico si confonde col dato reale, guidando un balletto di doppi sensi sulle note della colonna sonora di Super Mario Bros - videogioco e musica usata come tortura - proposta la sera dell’inaugurazione in luogo delle note lounge ascoltate nei più recenti opening.
Seppure l’istallazione non mostri apertamente i migranti, l’opera ne racconta la persistenza proprio attraverso la contrastante azione della controparte, a rimarcare che quest’ultima esiste solo in quanto contraltare della migrazione. È questo, dunque, a scatenare il gioco macabro: i droni - utilizzati per monitorare i movimenti migratori lungo i confini - diventano una giostrina per culle e volteggiano su chi non dorme, proiettati su una linea di frontiera tutta da costruire (con la performance inaugurale), di contro al suo abbattimento ideale posto in essere dai continui attraversamenti. Sulla parete il cartellone “Stop Illegal Alien Invasion” gioca con le parole in inglese: si riferisce ai clandestini ma occhieggia ad una invasione aliena da superficiale traduzione.
Il tutto è solo un gioco, una rappresentazione che si muove sul ricordo dei soldatini di piombo, delle pistole ad acqua, dei videogiochi di guerra e di bullismo. E così, l’intervento di María Rosa Jijón introduce la questione della crudeltà. Quella cattiveria innata che si manifesta già da piccoli, la superficialità, la derisione, l’aggressività, una forza negativa che richiede essa stessa resistenza. La resistenza alla crudeltà del mondo di cui parla Edgar Morin (I miei demoni, Meltemi Editore, Roma 1999), individuandola alla base di tutti gli atti di resistenza, anche politica.