È un’idea bella e suggestiva quella di Micaela Legnaioli che ripropone l’antichissima formula del Ritratto spiazzando completamente lo spettatore.
L’artista infatti, dichiara di voler effettivamente produrre una serie di opere che abbiano, per l’appunto, il significato di un Ritratto di determinati individui; e del Ritratto queste immagini da lei proposte, debbono avere tutte le caratteristiche più tipiche: la precisa riconoscibilità dell’ individuo, l’individuazione della sua specifica identità, la messa in evidenza di quanto c’è di unico e incomparabile, in un certo senso, nella sua personalità.
Qui scatta il paradosso accentuato dall’autrice, che spiega con rigore logico e consequenziale le sue procedure, chiarendo i criteri con cui ha lavorato e sta lavorando. Ma il paradosso è che l’aspetto che l’artista evidenzia nella sua tipologia di Ritratto del personaggio non è la fisionomia ma bensì l’impronta digitale, anzi una sola parte di essa. E non c’è dubbio sul fatto acclarato dalla Scienza, che le impronte digitali sono tutte diverse anche se strutturate su direzioni simili. Approfondendo possiamo sapere che esistono delle grandi categorie dentro le quali è possibile circoscrivere le tipologie principali delle impronte digitali ma tali categorie sono molto complesse e difficili da definire. Ma qui scatta un secondo aspetto della creatività di Micaela Legnaioli: l’intuizione.
È vero cioè, che le opere da lei prodotte sulla base di quel presupposto, sarebbero forse incomprensibili se l’autrice non ci facesse sapere chiaramente quali siano quei presupposti, ma è altrettanto vero che, una volta capita la strategia creativa dell’ artista stessa, lo spettatore può incamminarsi su quel percorso con diletto e curiosità, misti di cognizione scientifica e di immediatezza della percezione.
E proprio di percorsi si tratta, perché visivamente questa trascrizione di impronte digitali in una immagine tridimensionale fa pensare a un tragitto labirintico, come osservato dall’alto, essendo le immagini in rilievo, con una percezione simile a quella che si può provare percorrendo il Cretto di Burri a Gibellina, che non assomiglia certo a questi percorsi ma è organizzato in modo analogo. La Legnaioli produce forme, infatti, tutte simili e tutte diverse e l’immagine labirintica si imprime con evidenza nella mente di chi osserva, condizionandola.
E con che cosa viene condizionata, come una specie di coazione a ripetere dell’immagine medesima? Con la sensazione da parte di chi vede di trovarsi di fronte a infinite possibilità combinatorie, così come avviene con i numeri. Quel che si nota è che l’ossatura, potremmo definirla così, delle varie immagini, è un misto di microscopico e gigantesco, come se ci trovassimo di fronte a dei resti fossili di un mondo remoto e pietrificato. Invece è solo la dilatazione della forma vivente per antonomasia, l’impronta, che può essere vista bene solo con un enorme ingrandimento.
Dunque una specie di operazione al microscopio in cui l’idea del Ritratto di avvicina a quella dell’astrazione e la scoperta di un’essenza comune permette di comprendere intuitivamente come le differenze da un individuo a un altro siano in realtà minime e determinanti insieme.
Allora è come se l’artista ci volesse far vedere la rappresentazione del concetto del calcolo delle probabilità, che, com’è ben noto, è immane e ricorrente.
Così possiamo provare, diventando dei lillipuziani del pensiero, a entrare in quegli spazi microscopici, al semplice ma basilare scopo di conoscerci meglio.
Claudio Strinati
Ci colpiscono nel nostro Io, le opere realizzate da Micaela Legnaioli, giovane artista internazionale. Una ricerca sul lavoro, forte e intenso, che focalizza il suo interesse su una continua indagine interiore e un modello, “l’uomo e la sua identità”, da lei già osservato in opere precedenti con evidenti evoluzioni.
La mostra Impronte nasce da uno studio dell’artista sul genere umano, iniziato tempo fa, tra arte, scienza, psicologia e sociologia con valore fortemente simbolico, l’immagine di noi esseri unici nella diversità, ma evoluto poi con una naturalezza astratta nella materia.
Il lavoro di Micaela Legnaioli sicuramente fa e farà parlare, perché non si può restare indifferenti: un impronta digitale personalizzata, riprodotta con tecnica mista e studiata in modo naturale, ci porta, realizzata, +di fronte sì ad una scultura, ma anche ad immaginare persone in carne ed ossa con sentimenti veri e con personalità, seppur raccolti in modo simbolico e astratto.
Attraverso uno sguardo attento, infatti, possiamo scoprire nella sette opere in mostra e di formato diverso, in quanto dimensionate sulla grandezza della persona, sculture a muro dalla sagoma tridimensionale e di grande personalità, create con uno studio particolare legato all’uso della materia e consapevolmente elaborate. Opere dai margini indefiniti, intagliate alla materia creando dei solchi, come nella vita, realizzati ed evidenziati, da cui si plasmano ombre con delicatezza. Se ne trae una luce speciale, tramite il colore acrilico insieme alla resina, che la fa da padrone creando volume.
Nella sua ricerca artistica ed espressiva, fatta da lievi scarti di materia gesso su legno, l’artista intende farci percepire una linea di confine tra l’Io e l’Essere- tra l’Artista e l’Essere Umano- tra Noi e l’Individualismo.
Queste opere abbattono disuguaglianze interculturali, razziali e religiose. Ci fanno riaffiorare un’anima senza tempo, l’individualità della persona immutabile e che rappresenta il proprio vissuto: per l’artista è come parlare di noi, in una sua ricerca della verità. Un approccio astratto che non manca di descrivere i sentimenti più reconditi della psiche umana.
La mostra che si svolgerà all’interno dello spazio Menexa, è un progetto che si presenta per la prima volta al pubblico romano, in cui l’artista vuole creare una sinergia culturale tra varie realtà, per promuovere la cultura a tutti i livelli. La tematica delle Impronte e del ritrovare la nostra identità è più che mai attuale oggi giorno. Quale migliore occasione, tramite questa mostra, per far conoscere l’artista e la sua tecnica artistica contemporanea?
Sveva Manfredi Zavaglia