Piotr Hanzelewicz (Polonia, 1978) vive in Italia
Ha fatto diversi studi e tanti lavori. Hanzelewicz lavora sul confine che separa la trasparenza dall’opacità sia sul piano estetico che su quello semantico. Le materie prime utilizzate sono le espressioni idiomatiche, le abitudini, le convenzioni. L’indagine artistica è dunque concentrata su piani di ambiguità: là dove si nasconde un significato altro, un “doppio fondo”, un passaggio segreto o una vox media, c’è terreno fertile per portare l’ambiguità verso le sue estreme conseguenze o puntando al parossismo o piuttosto ad una ridefinizione consapevole del significato dell’oggetto ambiguo. Se dunque la parola è centrale, si tratta sempre di una parola reale, in quanto agente nella formazione della visione della realtà o della sua lettura. Se la realtà viene “denominata”, viene plasmata in una forma concreta. Tra trasparenza ed opacità si muove un processo di disambiguazione che tende a chiarire ciò che è complicato, lasciandogli il fascino della complessità. Insomma, l’intento di sbrogliare la matassa senza perderne il filo. Mentre le materie prime risiedono nel linguaggio e nelle sue sedimentazioni culturali, i materiali sono il più delle volte effimeri e delicati. Carte da lucido, acetati e carte calcografiche per tradurre opacità, trasparenza e serialità (dove la produzione seriale è sempre rigorosamente fatta di una reiterazione manuale di pezzi unici).
Hanzelewicz lavora su dei concept, relazionandoli agli spazi ed alla loro storia, rapportandoli alla propria esperienza. Come diretta conseguenza spesso realizza lavori site-specific e contest specifc.
Dal 2011 “abita” le sue mostre personali ed accoglie i visitatori assumendo il ruolo di padrone di casa.
Il suo lavoro è quello di un concettuale non freddo, poetico/politico.